Testi Critici
Maximilien Gauthier
Attraverso la lucentezza della sua arte è appena percettibile una sorta di angoscia repressa. Non è evidente, nè facile, nè superficiale. E’ originata dalla presenza quasi fisica della natura fluttuante del vulcano che l’ha visto nascere. E a tale proposito Calogero mi disse: non ho avuto un’infanzia molto felice, però non rimpiango d’aver sofferto . . .
…Il duro tirocinio che ha portato questo artista alla ribalta è completamente diverso da quello eseguito In genere nelle Accademie pubbliche o private da cui l’individuo emerge, più o meno spesso, privato da tutto ciò che non sia principalmente acquisito dallo studio, dal talento e dal genio e inoltre da quell’esperienza di vita che gli potrebbe dare la possibilità di ripiego in caso di fallimento nella carriera intrapresa. Dipingere, a mio avviso, è solo un fatto mentale. Leonardo Da Vinci, a questo proposito, come molti altri, diceva la verità. Ma la pittura è altresì un fatto manuale.
Waldemar George
Un dipinto che nei suoi occhi è un oggetto favoloso, pieno di poesia, Parigi, come Calogero la vide non ha niente in comune con la città che Camille Pissarro, Pierre Bonnard, Edouard Vuillard, Albert Marquet o Maurice Utrillo dipinsero.
C’è un piccolo motivo per sospettare che il nostro artista siciliano abbia provato a rendere la luce, il colore dell’atmosfera di Parigi. I cieli grigi l’Ile de France, i cieli che Corot amò non hanno affascinato Calogero, il cui stile è tuttavia una veloce e sensibile rassegna di sensazioni così coincise, così esatte, come stenografate. Le sue superfici sono rotte da linee di colore, tutti i suoi schizzi sono irregolari. […]
Leonardo Sciascia
Nella Sicilia occidentale, e specialmente nella provincia di Agrigento, Calogero è nome: ci sono sette San Calogero dalla faccia nera e dalla barba bianca venerati in altrettanti paesi; sette fratelli eremiti, secondo la leggenda. Nella Sicilia orientale Calogero è invece cognome. Il pittore Calogero, della Sicilia orientale, ha eliminato il possibile equivoco traducendo in francese il suo nome di battesimo. Jean Calogero: inequivocabilmente, Calogero è cognome. Ma traducendo Giovanni in Jean il pittore ha voluto, più che eliminare un equivoco, alludere a un suo secondo battesimo: il battesimo della pittura, che riceve a Parigi nel primo dopoguerra.
Vanni Ronsisvalle
Nel 1919 Marcel Duchamp disegnò un paio di baffi sul viso della Gioconda (L.H.Q.0.O.). Il gesto, anzi qualcosa che collocandosi più in là del gesto andrebbe più nobilmente definito atto, reagiva all’espressione allora corrente «bète comme un peintre», essere stupido come un pittore. Duchamp non intendeva più essere stupido come un pittore. Al contrario da quel momento, o quasi, intese mettere « di nuovo la pittura al servizio della mente ». Come dire sfuggire alla fisicità della pittura. Su questa strada, che è una specie di parto indolore verso una supposta maturità stilistica (una volta che sono stati digeriti tutti gli stili), si avventurano e si avventurarono in molti; ristabilire il concetto di intelligenza della pittura in un mondo in cui altri artisti (poeti o musici), sono pigri e tristi, cattivissimi tra loro per i pittori una specie di scommessa per riacquistare il diritto di stare nella società quanto più la società se ne infischia degli uni e degli altri. Di questi « eroi » sono ora affollati, stipati gli scaffali; tutti in genere sollecitati dal readyade; infatti il readyade agevola la scomposizione del temporale e dello «spazioonvenzione», aiuta a far saltare gli schemi, operazione indispensabile per redimere dalla frustrazione ogni intelligenza pittorica. Da ciò nasce anche, a proposito del pittore siciliano Jean Calogero, il comparire di una sua particolare esperienza iconica non sospetta, comunque non altrettanto esposta ad interpretazioni tendenziose.
Francesco Gallo
La pittura di Jean Calogero è fondata sul gioco inventivo della fantasia. Un gioco fervido di trovate paesaggistiche e cromatiche, quasi un inesauribile repertorio di immagini tutte ricche di colore e di narrativa. Già, perché i quadri di Calogero sono narrazioni di fatti, che potrebbero accadere se noi fossimo più disponibili ad aprire le porte alla magia della combinazione del sogno. Una combinazione che mette insieme l’ordinario e lo straordinario, così, con semplicità, ma appunto per questo con notevole risultato di sorpresa. Un risultato che non si nutre del troppo, dell’eccessivo, ma pretende la lievità, il tocco gentile, per essere in tono con se stesso, con il tempo del viaggio immaginario. Le polarità di questo andare sono, la Sicilia, da un lato, e Parigi, dall’altro, due amori profondi; vissuti senza riserve, senza rete di protezione.
Paolo Giansiracusa
“Quando dipingo, mi metto davanti alla tela ed è come se mi chiudessi in una bolla di cristallo. Comincia un viaggio attraverso l’immaginazione e non so dove mi porterà …”.
In questa espressione di Jean Calogero è racchiuso il segreto della sua pittura. Ogni acrobazia critica che cercasse di spiegare l’artista al di fuori di questa traccia, di questo pensiero, compirebbe l’errore di tradire il suo messaggio poetico.
Il mondo magico di Jean Calogero, fatto di spazi concretamente vissuti e di luoghi incantati che appartengono al sogno, è una”realtà parallela a quella che cogliamo con gli occhi”.
Carmelo Strano
1947. Guerra finita. Si ricomincia. Dopo la distruzione si ricostruisce, dappertutto in Europa. L’America ingessa qualche piccolo osso. La Sicilia ha vissuto, in anteprima, l’euforia liberatoria. La piana di Catania ha pianificato i conti. Per tutti: fedeli e infedeli, belligeranti, renitenti e pentiti. Il Movimento indipendentista siciliano, alle prime elezioni regionali del 20 aprile accusa le prime scontitte, dopo cinque anni di impegno accanito. Uno dei suoi inni, parole e musica di un mio prozio. ma soprattutto mio “amico”, Michele Luigi Nicosia, cantava: “Sicilia cha nati ‘”da lu mari ‘balia nu stari chiù di li currenti… Lui, l’autore, continuò a cantare anche quando le prime bombe alleate distrussero la sua casa a Catania. Cosa che a lui, felicissimo, fece esclamare: “Biniditta bumma!”